- Saggio breve -
Miti e Coscienza del Decadentismo Italiano
di Sara Savini
Durante la metà del 1800 si era sviluppato il Positivismo che, per reazione all’idealismo romantico e assoluto di Hegel, cercava una maggiore corrispondenza tra la realtà e la speculazione filosofia. Ristretto solo all’ambito filosofico, in breve tempo tale movimento costituì una vera e propria koinè artistico letteraria, con la nascita di vari movimenti poetici ( Naturalismo, Verismo). La crisi del Positivismo, alla fine del 1800, coincise, come per ogni Avanguardia che si rispetti, con la proliferazione di nuove ed opposte correnti artistiche, solitamente accomunate sotto la definizione di Decadentismo.
La definizione di Decadentismo risulta, ancora oggi, abbastanza complessa. I vari indirizzi critici (idealistico-crociano e sociologico-marxista) ne danno interpretazioni differenti che non coincidono nemmeno dal punto di vista cronologico. L’assenza di un corretto e definitivo termine iniziale è dovuto anche agli stretti rapporti (stesso sostrato idoeologico-culturle) tra Romanticismo e Decadentismo. Nonostante questo, dovendo in qualche modo fornire una precisa definizione, si può affermare che il Decadentismo è la cultura della crisi, la risposta culturale, cioè , alla crisi della borghesia liberale in tutto il decennio del 1880. Nel 1873, infatti , in seguito ad una grave crisi economica (Grande Depressione) causata dalla sovrapproduzione (con tutto ciò che questo comporta: crollo dei prezzi, della produzione, della legge della domanda e dell’offerta) si affermò la politica del protezionismo in sostituzione di quella più liberale (incentrata cioè sul libero scambio e sulla libera concorrenza tra i paesi produttori ed esportatori). L’intervento statale nella produzione economica (statalismo, monopolio) determinò una posizione subalterna non solo dei proletari (contadini e operi) ma anche dei ceti medi (media borghesia ed intellettuali) nei confronti della classe dirigente.
Da questo clima culturale generale derivò la coscienza europea della crisi dell’intellighenzia: l’intellettuale venne declassato, emarginato, si realizzò nella società la perdita dell’aureola, la desacralizzazione dell’arte, considerata ora “merce tra le merci”. L’intellettuale doveva iniziare a considerare la scrittura e la poesia una merce: anche se non vendibile, questa poteva servire a legittimare il potere (D’Annunzio poeta-vate). Se questo non accadeva, per ovvi motivi ideologici, il poeta era destinato ad essere paria, a vivere nello spleen.
La crisi del Positivismo, in quanto crisi profonda di un movimento di base filosofico, sottintese il crollo di certezze secolari, radicate nella storia del pensiero occidentale fin dalle origini. Così come in campo matematico si assistete allo scardinamento dello scientismo positivista (in seguito alla scoperta della teoria della relatività di Einstein o del principio di indeterminazione di heidlberg, che confutò persino l’infallibilità della fisica e della matematica in quanto scienze esatte), allo stesso modo l’antipositivismo filosofico si tradusse con l’esaltazione dell’intuizione e con la scoperta dell’inconscio. I filosofi caratteristici di quel periodo, infatti, furono:
Ispirata a questo sostrato filosofico, la poetica decadente si sviluppa intorno a due nuclei fondamentali:
1. l’estetismo, il culto della bellezza come unico valore in un mondo degradato
2. il simbolismo, non mera e semplice espressione della realtà ma dimostrazione di un’ altra dimensione, quella dell’inconscio .
Questo era più o meno lo scenario culturale in Europa: nonostante sia nato nella Parigi del 1880, il Decadentismo si diffuse ben presto anche in Italia, anche se con portata molto più modesta che in Francia o in Inghilterra. E’ stato il critico marxista Carlo Salinari ad individuare per primo i rapporti tra Testo e Contesto (come la tradizione marxista vuole) in questo periodo in Italia. Il risultato è stato un saggio innovativo, subito divenuto famosissimo: Miti e Coscienza del Decadentismo Italiano. L’opera d’arte, infatti, non viene qui considerata come semplice fantasia e sentimento, ma anche come razionalità (legata, cioè, all struttura economica in quanto sovrastruttura), espressione del contesto storico e sociale. Nei decenni decadenti italiani (1880/1910), Salinari individua (come preannunciato dal titolo) tre MITI FONDAMENTALI :
1 – il SANTO di Antonio Fogazzaro
Autore vicentino, di formazione cattolica liberale in quanto modernista, Fogazzaro inserisce all’interno della quadrilogia dei Maironi anche uno dei suoi romanzi più riusciti, il Santo, la figura cui Salinari si ispira nel suo saggio. Iniziato nel 1901, pubblicato nel 1905 ed immediatamente posto all’Indice per il sostrato modernista ed allusivo, il Santo è la storia della conversione di Piero Maironi (figlio dei protagonisti di piccolo mondo antico, Franco e Luisa Maironi) che, divenuto monaco con il nome di Benedetto, poiché in fama di santità denuncia al Papa le piaghe della chiesa corrotta. Perseguitato, muore tra i suoi confratelli, dopo aver rivisto la sensuale Jeanne Dessalle, di cui era innamorato (piccolo mondo moderno).
Si tratta, come si osserva già dalla fabula, del romanzo più allusivo ed ideologico di Fogazzaro, un vero e proprio saggio politico religioso. La struttura narrativa, infatti, risulta molto esile poiché i personaggi si limitano ad esprimere il loro punto di vista: sono, cioè, semplici strumenti narrativi ad uso dell’autore implicito. Benedetto esprime lo spirito della sua missione, Jeanne la repressione (il ritorno le represso, delle passioni, delle pulsioni amorose di cui direbbe lungamente Freud). Nonostante i contrastanti giudizi estetici (ad opera di benedetto croce che, dopo aver apprezzato piccolo mondo antico, definisce il Santo come un povero diavolo) Benedetto è rappresentativo in quanto esemplificazione di un mito, un modello culturale tipico della società italiana.
La prima caratteristica del santo è quella del modernismo, del tentativo di conciliazione (in opposizione ad ogni creazionismo) di scienza e fede, al fine di dare una base più razionale (e quindi più consapevolmente condivisibile) ai dogmi ecclesiastici. Segue poi la convinzione che sia necessario superare le pratiche esteriori, che si imitano ad una vacue e superficiale osservanza delle pratiche cattoliche, per riempirle di significato e tradurre in azione le istanze della fede. Deve essere chiara, inoltre, la totale estraneità della chiesa in ogni dibattito politico che distrae dalla missione di carità evangelica. La chiesa deve “…abbandonare i pulpiti scendere in soccorso delle folle dei credenti….”. il programma di Benedetto, quindi, non è anti clericale, tutt’altro. Il ruolo della chiesa viene esaltato se funzionale a sostenere moralmente e spiritualmente il popolo.
All’interno del clima decadente, quindi, il santo di Fogazzaro rappresenta il massimo momento di contestazione del reale , ormai corrotta e degradata. Proprio in questo tentativo di rinnovamento, il santo risulta essere molto vicino ad un altro mito del decadentismo europeo: Zarathustra. Entrambi, infatti, arringano le folle: il primo per contestare la chiesa ed i suoi dogmi, il secondo per scardinarla completamente, ammettendo che Dio è morto (posto che sia mai esistito). Scrollandosi di dosso tutte le limitazioni ed il timore infuso dalla religione, l’uomo dovrà rimanere legato non al metafisico ma alla terra, dando vita alla sua conquista (riaffermazione della propria natura, volontà di potenza). Il superuomo, conosciuto e spiegato tutto ciò che vede intorno a lui e che esiste, liberandosi del ricatto metafisico iniziato da Platone (che raggiunge i vertici nella filosofia tomista) deve cominciare a creare in campo artistico ciò che non esiste ancora. La morte di Dio, quindi, deve essere intesa non superficialmente ma ad un livello molto più alto, come la crisi d dei punti di riferimento, ora soppiantati dal fluire caotico delle cose e della realtà.
2 – il FANCIULLINO di Giovanni Pascoli
Il fanciullino di Giovanni Pascoli, amplificando la figura del santo, diventa testimonianza della crisi della cultura decadente, dell’antipositivismo, della fine dello scientismo. La sensazione propria del fanciullino, infatti, è il senso di solitudine, disfatta, sconfitta, angoscia esistenziale: a livello decadente tutto questo si manifesta con la presenza ossessiva dei morti o della morte (super ego funereo). Nella poesia ci sono nuovi correlativi oggettivi fortemente simbolici, con la flora e la fauna che, persa ogni funzione gioiosa, descrittiva, diventano personaggio, presenza inquietante e misteriosa, a testimonianza dell’impossibilità di conoscere il reale. Gli uccelli, infatti, con il loro canto, non portano messaggi vitali ma sono presagio di morte, comparendo all’alba o al tramonto, sono in genere delle ombre. Allo stesso modo i fiori (bellezza, gioventù, vita) racchiudono la dicotomia Eros vs. Thanatos.
Ne deriva l’ossessione per la morte che rappresenta, in questi termini, la Spannung di ciò che è sconosciuto all’uomo, solo in un universo oscuro. Vivere è soffrire, penare, confrontarsi quotidianamente con una ostilità. Questo dolore è aggravato dalla natura aggressiva degli uomini (homo homini lupus), che non conosce solidarietà nei confronti dei propri simili.
L’uomo, completamente abbandonato, può trovare unico conforto nella poesia, intesa come registrazione degli stupori e della meraviglia. Nel 1897, infatti, riprendendo un antico mito platonico esposto nel Fedone, il poeta afferma che quando noi nasciamo siamo due fanciulli. Il primo è destinato a rimanere interiore, a non crescere, a rimanere ingenuo ed innocente; il secondo, invece, deve crescere e svilupparsi, soppiantando ben presto il primo, che muore in quasi tutti gli uomini. Il poeta, invece, fa eccezione, mantiene vivo il fanciullino che gi indica quali dovranno essere i nuclei fondamentali della sua poesia.
La poesia, quindi, deve essere attività teoretica ed intuitiva postulando un nuovo linguaggio basato sui simboli. Pur essendo paragonabile al veggente di Rimbaud, che tenta di cogliere brandelli di una realtà misteriosa e di comprendere le pulsioni più profonde della propria coscienza, il fanciullino pascoliano si situa in un diverso contesto storico-economico. Il decadentismo in Italia coincide con la seconda rivoluzione industriale, che porterà il nostro paese da una economia prettamente agricola ad una più moderna, agicolo-industriale. Mentre in Francia il poeta deve esprimere le sue angosce nel degrado della metropoli moderna, il fanciullino narra in un contesto più provinciale ed agricolo. Il simbolismo di Pascoli, infatti, non è definito consapevole: è piuttosto un simbolismo psicologico, psicanalitico, ingenuo, innocente ed inconsapevole. Inoltre mentre in Francia si rifiuta ogni classificazione, in Italia la funzione del poeta è soprattutto di poeta vate.
3 – il SUPERUOMO di Gabriele D’Annunzio
In ultimo, Salinari analizza la figura del superuomo D’Annunziano, caratterizzato:
~ dai tratti superomistici
~ dal profondo disprezzo per la società contemporanea, testimonianza della morte della bellezza classica, della cultura, dalle istituzioni parlamentari, considerate tipiche della corruzione borghese
~ il disprezzo per la borghesia e, soprattutto, per il proletariato
~ il culto della bellezza: i superuomini sono spesso ESTETI. La bellezza diventa uno strumento caro ai nazionalisti per combattere il materialismo e la volgarità.
Il superuomo D’Annunziano, comunque, come gli altri due miti evidenziati, risulta abbastanza differente dai miti decadenti europei, poiché fortemente connotato a livello politico. Il prototipo inglese era infatti quello dell’eroe raffinato e nevrotico come Des Esseints o Dorian Gray. Il primo, nella sua ossessione antinaturalistica, cerca la bellezza, unica difesa contro la mediocrità del reale; il secondo, invece, concepisce la vita come un’opera d’arte con il culmine della bellezza considerato l’unico dato significativo di una vita altrimenti vuota ed inutile. Il superuomo D’Annunziano, quindi, rappresenta la classe dominante italiana delusa dal risorgimento tradito, che rievoca nostalgicamente i fasti romani di gloria e potenza. Tutto ciò si traduce in un aggressivo ma ingiustificato nazionalismo, privo di un reale supporto economico .
Dopo aver presentato i miti, Salinari dedica la seconda parte della sua opera all’analisi della coscienza del Decadentismo italiano, la consapevolezza della crisi con cui il nostro saggio si è aperto. Visto il carattere chiaramente nazionale dei tre miti sopra presentati, il carattere più interessante della cultura di quel periodo è rappresentato dalla linea Tozzi-Pirandello-Svevo individuata da Renato Barilli. Non a caso, nell’opera di questi tre scrittori si realizza e si conclude il funerale della borghesia. In Svevo, infatti, vengono descritte in chiave psicanalitica le noie e le ansie piccolo-borghesi; in Pirandello si rappresenta l’alienazione della classe borghese nella società massificata (la cultura di massa comincia a diffondersi proprio in questo periodo: pubblicità, cinema). Si celebra, quindi, l’inetto, sopraffatto da una pena esistenziale, frustrato nel suo tentativo di vivere in maniera autentica in una società alienata. Nonostante l’antinaturalismo, si osserva la negazione di qualsiasi estetismo, l’ assenza ogni compiacimento vittimistico.
Al contrario dell’atteggiamento autocelebrativo di D’Annunzio (che, sfocia, in alcuni momenti, in vero proprio iperattivismo politico, si pensi al periodo della reggenza del Carnaro) questi scrittori vogliono rappresentare, in via del tutto sperimentale, la discesa dell’uomo nella propria coscienza.
E, come accade a tutti i veri scrittori, capaci di essere immortali, all’inizio i loro contemporanei non li capiranno.