Pura Vita

 

Andrea De Carlo, Pura Vita , Collezione Scrittori italiani , Mondadori, L. 29.000

 

Andrea De Carlo: nome cui, in genere, molti associano Due di Due.

Gli altri, gli avvertiti lettori, ricordano le date di pubblicazione di tutti i suoi libri , mentre gli aficionados lo citano addirittura come sceneggiatore e regista.

Io, sinceramente,  interrogata direi : fotografia-navigli-grande scrittore.

La prova, come sempre , è nel testo, tra le righe del suo ultimo romanzo: PURA VITA - uscito il 10 ottobre nella Collezione Scrittori Italiani - (Mondadori, pp. 326, £.29.000). Si tratta, secondo me (e magari future interviste all’autore lo confermeranno) del proseguimento ideale di una storia, un discorso, una ricerca  iniziata due anni fa, data della pubblicazione di Nel momento, che segnava forse la quarta fase della produzione post-calviniana. Molte le analogie: le storie cominciano in medias res ed ex abrupto, con un’improvvisa caduta da cavallo che, in Pura vita, si trasforma in un’inaspettata telefonata. E mentre Luca -il proprietario del maneggio naturale di cui De Carlo ci aveva parlato- si rende conto di non essere mai stato felice in tutta la sua vita, Giovanni, in Pura vita, parte dall’amara consapevolezza di questo dato di fatto per cercare di capire cosa gli stia succedendo. Lo accompagna un’imprecisata giovane donna in cerca di informazioni sul mondo che,  nel corso di un viaggio in Camargue (destinazione obbligata, per sfuggire alla pressione della città più brutta del mondo, Milano) , lo interroga sui rapporti tra uomini e donne, sulla famiglia,  sull’origine dei difetti e dei pregi.

La bravura di Andrea de Carlo, in questo nuovo romanzo , è di creare personaggi e situazioni finzionali (in quanto letteratura) terribilmente veri; di far salire fin dalla prima pagina il lettore con Giovanni su quel semifuoristrada in viaggio, per cercare, con il dialogo, di fargli comprendere le sue ragioni, di dare una risposta ad i suoi interrogativi.

Ed il lettore (sia ingenuo che avvertito) sta al gioco e si diverte: per le prime 100 pagine De Carlo semplicemente lo inganna, alludendo a possibili coinvolgimenti sentimentali tra i due viaggiatori alimentati dalla presenza misteriosa dei messaggi di un’altra donna, M. E, mentre ci si aspetta un’evoluzione  di questo genere, ecco il colpo di scena: la giovane donna è la figlia di Giovanni. Totalmente straniati,  dopo la rabbia e la delusione (dovuta all’inganno cui irrimediabilmente si  cade) non si può fare a meno di  riconoscere , ancora una volta, l’innata bravura del narratore.

Si cerca, quindi, di essere più accorti nella seconda parte del testo, quella in cui, continuando il viaggio, una serie di imprevisti costringono Giovanni a riflettere ulteriormente sulla sua pigrizia mentale, l’incapacità di fare progetti a medio e lungo termine.

Se ne ricavano, come scrive De Carlo nella retrocopertina, una serie di domande e di risposte che aprono immediatamente altre domande che presuppongono tutte un pensiero comune: in quello che facciamo non deve esserci per forza qualcosa di straordinariamente importante, spesso un’azione serve solo alla pura vita.

La scelta del dialogo sarà, forse, la chiave del successo del romanzo: non correndo il rischio di dilungarsi in banalità , il narratore autodiegetico si confessa, con un tono talmente vivido, reale, straniante, fotografico , nitido fin nei dettagli che mai potrebbe lasciare indifferenti. Il suo lessico, in parte caratteristico del flusso del flusso di coscienza, rimanda al monologo interiore , con un senso di precarietà diffuso, un non-compiuto non-detto , un’ansia continua per una ricerca che, alla fine del libro, pare non essere ancora neppure cominciata.

 

Pura vità è dunque  la storia di due persone molto simili che sono in due punti diversi della vita, ammesso di vedere la vita come un percorso, cosa che forse non è. …

E’ quello che  in effetti c’è nel testo, non c’è altro, forse perché ancora una volta De Carlo si è reso conto che ad un certo punto non  devi più inventare niente: devi solo seguire la storia e provare a renderle giustizia.